L’alta corrente di questi piccoli mostri si sente subito , dal carattere esuberante e con un suono cristallino e preciso sono sicuramente adatti a chi ama il suono energico.
Pilotano tutto con una resa veramente buona. Una persona mi ha detto che questi ampli sono stati costruiti dalla Quad , io non so se corrisponde a verità , ma comunque l’impronta sonora e quella.
Il commento di Cristiano su questi finali:
ALBARRY M408-II
Albarry: feci la prima conoscenza con questa azienda del nord dell’Inghilterra, poco più che vent’enne, attraverso le pagine di un’arcinota rivista del settore; la firma dell’articolo era di un certo Bebo Moroni, oggi impegnato nell’ottima rivista on-line Videohifi.com e che, a distanza di ormai altrettanti (quasi!!) vent’anni, seguo con immutata stima.
Albarry inizia ad essere importata in Italia attorno ai primi anni ’80, sull’onda di quella british audio new-wave che fu una vera e propria rinascita commerciale dell’Hi-End inglese e che, agli storici marchi quali Quad o Radford, saprà affiancare (o ne vedrà la definitiva consacrazione) illustri firme come Exposure, Linn, Naim, Magnum, Rega, Mission, Meridian, Arcam, Audiolab, Musical Fidelity, Rose e, fra le non citate per non incappare in eccessiva prolissicità, appunto Albarry.
Una certa carenza di politica commerciale e/o dimensioni imprenditoriali scarsamente ambiziose, peraltro comuni ad alcune delle sopraccitate aziende britanniche, rese nel giro di breve tempo irreperibili in Italia i relativi prodotti. Fra questi, anche Albarry fu una luminosissima meteora che però lasciò un profondo segno negli italici audiofili, proprio grazie ai finalini monofonici M408, caratterizzati da una musicalità strepitosa in rapporto ad un prezzo ben più abbordabile rispetto ai soliti noti dell’american-sound. Sul finire degli anni 80, il contemporaneo cambio di distribuzione di Albarry sia in GB che in Italia (la lungimirante Art of Music di Bologna), rese nuovamente disponibili questi gioiellini, nel frattempo circuitalmente ritoccati per sortire spunti tecnici migliori rispetto alla versione d’esordio. Gli Albarry M408 sono costruiti in maniera ineccepibile e contraddistinti da una spiccata personalità che si concretizza persino nell’estetica assai originale, unica ed inequivocabile: un contenuto e coriaceo parallelepipedo, piuttosto sviluppato in profondità e realizzato in due parti di estruso d’alluminio, incernierate sul top da un inserto d’alluminio verniciato d’un rosso fiammante a percorrere tutta la profondità degli amplificatori. I due estrusi fungono poi da dissipatori di calore grazie a curatissime alette sui lati, anch’esse sviluppate lungo tutta la profondità e sulle quali, al loro interno, sono direttamente incollati i transistor di potenza. Il frontale è costituito da una bellissima lastra di plexiglass rosso trasparente, oltre la quale si intravedono il poderoso trasformatore d’alimentazione e i due enormi condensatori di filtraggio. All’accensione degli ampli, un vistoso led interno risalta ulteriormente il frontale plastico, creando un suggestivo effetto traslucido tale da ricordare vagamente il mondo dei tubi termoionici. Osservando il circuito elettrico, se ne può dedurre una realizzazione molto curata e parimenti concettualmente assai semplice: il progetto si basa infatti su uno schema d’amplificazione Darlington TIP 146 e TIP 141 in classe AB, a simmetria complementare con pilota e differenziale d’ingresso, alimentato da generatori di corrente costante. Interessante risulta la protezione optoelettronica utilizzata, la quale non interviene direttamente sul segnale audio, ma lo monitora prelevandolo mediante un accoppiatore ottico ad infrarossi. Il tasto di reset è posto sul retro dell’apparecchio, assieme ad un eccellente connettore RCA d’ingresso del segnale, ed alla coppia di originali e funzionali morsetti serracavo a forma di grossa pastiglia, particolarmente indicati per terminazioni a forcella (sulla prima versione vi era una doppia coppia di più modesti e comuni morsetti plastici).
Gli Albarry M408 II sono progettati per una potenza dichiarata di 40W RMS su 8 ohm (M408 = Mono 40w 8ohm, semplice no?), con correnti di picco di ±22A; l’impedenza d’uscita è di 0,025 ohm, il fattore di smorzamento è pari a 320, sensibilità e impedenza d’ingresso rispettivamente di 500mV e 5Kohm. Se non erro, il costruttore era (è? Non saprei confermarlo: la produzione di questi amplificatori è sempre stata piuttosto limitata) la Precision Audio Engineering Ltd. di Stoke-on-Trent (UK).
Da ben quindici anni, dopo averli ascoltati a più riprese presso il mio rivenditore di fiducia, inseguivo l’occasione di poterli possedere definitivamente: inizialmente le tasche vuote, poi le chimere dell’alta potenza, della classe A, delle valvole in progetti push-pull, single-ended, a pentodi, tetrodi a fascio, triodo, visioni mistiche e punizioni corporee, di fatto hanno sempre distolto la mia attenzione nei loro confronti, relegandoli nel dimenticatoio dei tanti sogni nel cassetto. Infine scopro audiocostruzioni.com, conosco Davide, mi lascio sfuggire una coppia di M408 prima versione, poi lo assalto brutalmente con un fiume di e-mail per la coppia che oggi troneggia nel mio attuale sistema principale, imperniato su componenti di pari anzianità: front-end Madrigal Proceed PCD2, da solo e coadiuvato dai convertitori Audio Alchemy DDE 1.0 e DTI+XDP e da una coppia di eccellenti Stilo XCII, un disegno mini-tower assai slanciato ed a sospensione pneumatica, scaturito da un’idea di Sound and Music di Lucca, con la collaborazione tecnica di Avalon. Per i preamplificatori, opto inizialmente per il connazionale ed altrettanto egocentrico Rose RV23S, poi rischio l’abbinamento con il cinese Ming-Da MC7R, “up-gradato” con valvole RCA d’epoca e raddrizzatrice Mullard GZ34. Non descriverò tutti gli elementi a corollario quali filtri, ferriti, cavi, cavilli, accessori e diavolerie varie: sarebbe un’interminabile lista della spesa mensile; citerò soltanto i cavi d’alimentazione SB3 by Audiocostruzioni 😉
Le sessioni d’ascolto si susseguono fra vari generi musicali, incisioni audiophile e ristampe, dischetti nuovi e dischi ormai assimilati sino all’ultimo bit, a diversi volumi d’ascolto.
Rimango a bocca aperta come ormai da tempo non mi accadeva più: fin da subito questi finali monofonici esibiscono un assetto musicale di rara bellezza, senza prediligere alcun parametro acustico a scapito di altri. La timbrica è leggermente eufonica, il carattere sonico è solido, dinamico, brillante, preciso senza divenire radiografante. La risposta ai transienti è talmente precisa e veloce da rivaleggiare con i migliori disegni a stato solido attualmente in commercio, sino a lambire le frontiere più estreme dell’high-end. La restituzione tonale delle voci e degli strumenti (con una particolare predilezione per gli strumenti a corda, sempre resi con encomiabile veridicità) è naturale e corretta, senza indurre artificiosità che a lungo termine sfocerebbero in fatica d’ascolto.
Anche il pianoforte di Don Grolnick (Hearts & Numbers, 1995 Hip Pocket) è restituito con grande ricchezza armonica e con un’omogeneità tonale di grande respiro. L’immagine è ben delineata oltre i diffusori, ben estesa sul piano e contraddistinta da un centro-fuoco di notevole saldezza, una buona profondità ed un appagante sviluppo verticale. I vari piani sonori sono molto ben delineati e scontornati, facilmente individuabili nella ricostruzione virtuale dell’evento musicale: incisione permettendo, gli strumenti si dispongono nello spazio senza alcuna difficoltà di localizzazione, con un ottimo rispetto delle proporzioni tridimensionali. Rispetto a più potenti e muscolosi progetti a stato solido (come il mio finale Audioanalyse A-9 in classe A pura, o mostri sacri come i monofonici Pioneer M6), l’estensione ed il vigore delle basse frequenze appaiono percettibilmente più limitati pur se soltanto nell’abissale prima ottava; esse sono riprodotte in modo assai articolato, nervoso, e comunque ampiamente appaganti in ambito casalingo, salvo che non si debba insonorizzare un salone regale. La restituzione del contrabbasso del John Butler Trio (Sunrise over sea, 2004 Lava) è ruvida, graffiante, granitica, come parimenti il basso elettrico, possente, materico, ottimamente scolpito al centro della scena sonora (Elements – Illumination, 1987 Novus).
Alle prese con carichi impegnativi (diffusori Dalquist DQ-15), gli Albarry non si scompongono minimamente, in barba alla loro limitata potenza massima dichiarata: il vigore con cui smuovono i coni dei woofers senza peraltro scomporsi nemmeno a livelli sonori piuttosto sostenuti (pur nei limiti della decenza) sono l’evidente testimonianza di una notevole erogazione in corrente, a garanzia di un prodotto oltremodo coriaceo ed affidabile a lungo termine.
Gli M408 esigono semplicemente di essere vezzeggiati e coccolati, inseriti in catene audio di indubbia qualità, perché in grado di offrire davvero così tanta sostanza da non far rimpiangere affatto amplificazioni ben più ambiziose e costose.
Concludendo, a distanza di ormai 25 anni dalla loro prima immissione sul mercato, gli Albarry rimangono amplificatori assolutamente attuali, sia per le peculiarità meramente musicali che per la loro progettazione e design, assurgendo a fulgido esempio di Alta Fedeltà a costi ancora terreni, parimenti a pochi altri prodotti che di fatto hanno segnato l’ultimo ventennio (ed oltre) della riproduzione audio domestica (citando a caso, tanto per rimanere in terra d’Albione, BBC 3/5A, Rega RB300, Linn Sondek LP12, Naim Nait…).
Cristiano
(marvel147@gmail.com) |
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